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Non siamo la ragioneria generale dei 5 Stelle. La sveglia di Nannicini al PD

Simona Sotgiu
Democrazia/#alleanze#partitodemocratico

Tommaso Nannicini, senatore del Partito democratico, spiega perché il suo partito non può e non deve soccombere all’alleanza con i 5 Stelle e cosa non torna nella dottrina Bettini

 

“Qualcuno si vergogna del Partito democratico?”. Se lo chiede Tommaso Nannicini, senatore del Partito democratico dall’anima riformista che in una conversazione con Formiche.net percorre la cosiddetta dottrina Bettini (un’alleanza organica tra il Pd e il Movimento 5 Stelle) e ne sottolinea gli aspetti più critici, tra cui la centralità della figura di Conte come leader di questa alleanza.

Senatore, maggioranza compatta, sì, ma sulla vicenda commissioni il Movimento 5 Stelle rischia di sgretolarsi. A tenerlo assieme è il Pd?

Il passaggio sulle commissioni ha segnalato le difficoltà del gruppo parlamentare di maggioranza relativa nel tenere a freno spinte centrifughe. Speriamo che serva di lezione per il futuro.

Il suo collega di partito Stefano Ceccanti, conversando con Formiche.net, ha sostenuto che “Il riformismo si può spendere solo dentro a questa esperienza di governo, non fuori”. È davvero così?

Non sono d’accordo col mio amico Ceccanti, e per due motivi diversi. È vero, e qui sono d’accordo con lui, che il riformismo può spendersi anche dentro a questo governo, ma è altrettanto vero che per il momento non lo sta facendo. Il Pd è diventato una sorta di RG5S, la Ragioneria Generale dei 5 Stelle. Loro dettano la linea politica, noi mettiamo i conti in bella copia.

Il secondo motivo?

Non credo che il riformismo possa vivere solo dentro a questa alleanza. Anzi. Il Pd deve lavorare per cancellare quel “solo” il più rapidamente possibile. Dobbiamo far vivere la nostra idea di progresso al di fuori di un’alleanza innaturale con una forza populista e per sua natura conservatrice. Non ci riusciremo in un giorno, ma la nostra stella polare deve restare quella. Populisti e riformisti possono contrarre alleanze per dare un governo al Paese, ma i loro dna non possono mischiarsi, altrimenti il riformismo muore, e con esso l’idea stessa di Partito democratico.

Si riferisce all’idea suggerita da Bettini, che guarda a Conte come leader di un’alleanza progressista alternativa alle destre?

A parte che mi risulta curioso identificare col progressismo il premier dei decreti Salvini e di quota 100, ma anche sorvolando su questo e ammettendo che sbagliando s’impari, resta un punto politico: lo schema di Bettini è quello che portò il Pds a candidare Prodi. Ma allora c’era l’esigenza di un partito postcomunista di legittimarsi con un Papa straniero. Non si capisce perché il Pd senta oggi quella stessa esigenza. Qualcuno si vergogna del Partito democratico?

Sempre nel ragionamento di Bettini, l’alleanza progressista si può realizzare con il ritorno al proporzionale puro…

Questo è un altro punto debole. Perché tutta questa ossessione di fare un’alleanza permanente e strutturale con i grillini? Se non ci sono ragioni elettorali, l’unica ragione che resta è la mancanza di idee e la paura che il Pd non sia in grado di produrle, facendoci una battaglia a viso aperto tra le italiane e gli italiani.

Qual è la sua alternativa?

La mia visione è radicalmente diversa. A meno di non voler snaturare l’identità del Partito democratico, nessuna alleanza permanente con i grillini è neanche immaginabile. In un sistema proporzionale, si possono fare alleanze di governo temporanee, ricercando una sintesi faticosa per non lasciare il Paese allo sbando. Ma l’ossessione del Pd deve restare una sola: trasmettere un’idea forte di sviluppo sostenibile e di giustizia sociale, per prendersi cura delle fragilità e dei conflitti del mondo di oggi, non del Novecento. E c’è anche un altro punto da non dimenticare.

Prego.

Gli attuali gruppi dirigenti del Pd sono stati eletti in un congresso in cui tutte le mozioni scrivevano: “Mai al governo con i 5 Stelle”. Capisco che il quadro sia cambiato, ma vogliamo parlarne seriamente coinvolgendo tutti i nostri militanti e i nostri elettori?

Per chiedere cosa?

Per chiedere a loro se l’alleanza con i 5 Stelle è una mera necessità o un orizzonte strategico. E per chiedere a loro su quale idea di Italia e di Europa il Pd debba ricostruire un’identità forte e autonoma. Sveglia Pd! Il riformismo non è morto, ma di sicuro non si sente troppo bene.

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