Il Foglio

Eccolo il Congresso del Pd

Tommaso Nannicini
Democrazia/#partito democratico

Nella storia della sinistra, riformisti e massimalisti si sono sempre divisi sul peso da dare al “movimento” (all’azione concreta per far avanzare i diritti sociali nell’immediato) rispetto al “fine ultimo” (al superamento del sistema capitalistico, tenendosi alla larga da qualsiasi miglioria che ne potesse ritardare la caduta). “Il movimento è tutto, il fine è nulla” – diceva il riformista Eduard Bernstein. Il Pd dei nostri giorni ha pensato bene di uscire da questa disputa secolare avanzando un nuovo paradigma: “il movimento è nulla, il fine me lo sono scordato”. Da Bernstein a Corrado Guzzanti: il semaforo come orizzonte politico. Sotto il semaforo tutte le auto corrono, si agitano, mentre lui resta tranquillo. Immobile. Fermo.

I risultati di questa strategia non sembrano granché. Ma di fronte all’accelerazione inferta dal governo Draghi, le cose non possono che peggiorare. Tutti si muovono. I 5 Stelle si rifondano intorno a Conte. La Lega si ripensa in chiave europea. Al centro si parla di federazioni. Nuovi soggetti ecologisti scalpitano. Se il Pd-semaforo non si dà una mossa, rischia di condannarsi all’irrilevanza politica. Darsi una mossa non vuol dire affidarsi all’ennesima resa dei contri tra bande, all’ennesima disfida tra leadership sempre più muscolari e sempre meno carismatiche (tutte declinate rigorosamente al maschile). E non vuol dire neanche dividersi intorno ad alchimie politiche (con chi mi alleo?) o risse personalistiche (ce l’hai con Zingaretti? Sei amico di Renzi?). Tutte queste discussioni sono roba da marziani. I nodi da sciogliere sono altri.

Il Pd è ormai scomparso da interi territori, non sa attrarre le energie di giovani, donne e movimenti sociali, in preda com’è al patto di sindacato tra oligarchi e correnti: vogliamo continuare così, facendoci del male? Vogliamo lasciare ad altri la rappresentanza di giovani, donne, partite Iva? Vogliamo provare a fare qualcosa di sinistra, contrastando rendite e clientele che impediscono ai servizi pubblici (dal lavoro alla formazione, dalla scuola alla salute) di fare redistribuzione, dando risposte alla vita delle persone? L’elenco delle domande potrebbe continuare. Diamoci una mossa e forniamo qualche risposta. Se non vogliamo chiamarlo congresso, chiamiamolo big bang. Ma facciamolo in fretta.

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