L'Unità

Equità, sostenibilità e dialogo sociale

Tommaso Nannicini
Welfare/#pensioni

Ieri, governo, Cgil, Cisl e Uil hanno condiviso un verbale che sintetizza un confronto durato mesi in tema di pensioni. Il verbale fotografa un quadro articolato, fatto di convergenze e di qualche disparità di vedute, ma restituisce i frutti del dialogo sociale sotto forma di proposte concrete. E individua alcuni punti fermi negli impegni del governo. Dopo anni di interventi dettati dalle emergenze finanziarie, nelle tasche dei pensionati si mettono soldi (non mani). La no tax area di tutti i pensionati viene equiparata a quella dei lavoratori dipendenti. Aumenta la 14esima mensilità per chi la riceve (i redditi da pensione sotto 1,5 volte il minimo) e si allarga allo stesso tempo la platea dei beneficiari (fino a 2 volte il minimo). Non solo. Per chi alla pensione c’è solo vicino, si individuano dei meccanismi “ponte” in grado di sostenere finanziariamente chi è in condizioni di bisogno, perché senza lavoro, disabile od occupato in mansioni gravose. Per chi ha storie contributive passate in gestioni diverse, si prevede finalmente il cumulo gratuito. Per un impegno finanziario di almeno 6 miliardi in tre anni.

L’inchiostro è ancora fresco e il lavoro da ultimare ancora tanto, ma vediamo di chiarire alcuni punti che restano sullo sfondo.

Primo: è tornata la concertazione?  Non direi. Nei primi anni ‘90 la concertazione ha svolto un ruolo importante per il nostro Paese. Poi, per colpa di una politica debole, ha finito per trasformarsi in un fine in sé, in una liturgia vuota dove non importava che cosa si decideva, bastava si concertasse. Aver superato certe liturgie non vuol dire aver smarrito il senso del confronto. Il lavoro di questi mesi lo dimostra. Il dialogo sociale è linfa della democrazia. E, detta in prosa, aiuta a migliorare gli interventi.

Secondo: si torna alla spesa pensionistica facile e si mandano in soffitta le riforme degli ultimi decenni? Niente affatto. Nessuno vuole fare passi indietro rispetto alla sostenibilità finanziaria del sistema previdenziale, ma i conti in ordine non devono escludere interventi di equità sociale a favore di lavoratori in condizioni di difficoltà. Chi fa lavori usuranti, chi non ha ancora raggiunto i requisiti per la pensione ma è senza ammortizzatori sociali, chi ha iniziato a lavorare molto giovane avrà nella prossima legge di bilancio alcune prime risposte.

Terzo: e le pensioni dei giovani? Qui le prime risposte arriveranno con il cumulo gratuito e la riforma della gestione separata per le partite Iva. Altre risposte arriveranno in quella che nel verbale è stata chiamata “fase due”: che non significa rimandare alle calende greche gli interventi con un taglio generazionale, ma partire pragmaticamente dai problemi più pressanti e aprire poi un confronto serio su una riforma strutturale del sistema contributivo.

Nella fase due ci dovremo porre il problema di garantire a tutti una flessibilità in uscita che oggi, nel contributivo pieno, è limitata alle pensioni medio-alte. Dovremo aggredire l’inadeguatezza delle pensioni per chi ha redditi bassi o carriere fortemente discontinue. Per esempio esplorando la fattibilità di una pensione contributiva di garanzia, legata agli anni di contributi e all’età di uscita al fine di garantire l’adeguatezza delle pensioni medio-basse (come proposto anni fa da Michele Raitano): un intervento da studiare bene e che dovrà essere legato ad altri interventi strutturali come il taglio del cuneo contributivo sul lavoro stabile e l’incentivazione della previdenza complementare. Per evitare che i giovani di oggi diventino i poveri di dopodomani.

È proprio da questi temi che emerge il filo rosso del verbale governo-sindacati. Quando si superano gli ideologismi, da ambo le parti, quando si entra nel merito dei problemi, ci si accorge che equità sociale (all’interno delle stesse generazioni) ed equità attuariale (quella che garantisce la sostenibilità finanziaria del sistema) possono camminare di pari passo.