Quattro motivi per cui il decreto Di Maio è una fake news

Tommaso Nannicini
#fakenews

Il testo del mio intervento al Senato il 7 agosto 2018

Ieri il senatore Paragone ha detto che le riforme degli ultimi anni hanno reso invisibili i lavoratori, invisibili. Se fosse vero (e non lo è), leggendo il decreto che stiamo esaminando, verrebbe da dire che siamo stati proprio bravi: perché in questo decreto, qui sì, dei lavoratori e dei loro problemi non c’è neanche l’ombra.

È invisibile il tema della qualità del lavoro e di come si incentiva il lavoro stabile. È invisibile il tema delle competenze e della formazione. È invisibile il tema salariale, dei bassi salari e dell’equità nei trattamenti retributivi; sono invisibili quei milioni di lavoratori a basso reddito che aspettano una paga onesta per un lavoro onesto, non un reddito per non lavorare.

Questo decreto è una fake news.

Si dice di fare come in Europa portando il tempo determinato a 24 mesi, ma poi si viola una direttiva comunitaria sulla somministrazione, come ha spiegato la senatrice Parente.

Si dice di avere a cuore il lavoro, ma poi si fa una norma transitoria pasticciata che sta creando il caos tra imprese e lavoratori, con il risultato di distruggere posti di lavoro.

Si dice di introdurre nuovi incentivi per l’assunzione dei giovani e per le trasformazioni dal tempo determinato a quello indeterminato, senza dire che quegli incentivi esistono già perché li hanno messi i governi a guida del Partito democratico, e qui ci si limita ad estenderli marginalmente senza peraltro citarli mai nel testo normativo. (Attenzione: questa fissazione di segnare l’anno zero con la propria presa del potere, cancellando tutto quello che viene prima, non ha mai portato bene nella storia. A furia di voler cancellare tutto, si può finire per cancellare anche decenni di progresso scientifico, come è avvenuto in quest’aula sui vaccini!)

Si dice, ancora, di licenziare il Jobs act, ma non si toccano neanche i cardini di quella riforma: restano gli ammortizzatori sociali, restano le nuove linee tracciate tra lavoro subordinato e autonomo, resta l’impianto di politiche attive, e resta il contratto a tutele crescenti, che non viene abolito da questo intervento, tanto che la maggioranza ha votato contro un emendamento volto a reintrodurre l’articolo 18. Emendamento, questo sì, visibile: chi se lo fosse perso, pur votandolo, può ricercarlo nei verbali. Smettete di dire che siete contro il Jobs act perché l’avete appena votato!

Guardate: le fake news ci sono sempre state, si chiamavano propaganda politica. I grandi partiti di massa hanno sempre combattuto per l’egemonia culturale propagandando la loro visione della realtà e della storia. Ma sapevano distinguere tra il momento in cui si devono vendere le proprie scelte, anche con la propaganda, e il momento in cui si devono trasformare quelle scelte in realtà, impedendo che la propaganda offuschi il momento decisionale, producendo effetti collaterali perversi sulla vita delle persone. Questo senso di responsabilità istituzionale, questa capacità di distinguere tra momento della legittima propaganda e momento della decisione, in questo decreto è del tutto assente. Per questo è una fake news. E la realtà, purtroppo, si incaricherà di dimostrarlo.

D’altronde questo testo, qui al Senato, non abbiamo potuto provare a migliorarlo. Avete fatto campagna per il “No” al referendum spiegandoci, seriosi, che il ping pong tra Camera e Senato migliora gli atti normativi, evitando di fare errori. Ma poi, senza cambiare la Costituzione, avete deciso di svilirla blindando un testo pasticciato, impedendoci di cambiare almeno l’assurda norma transitoria che distruggerà posti di lavoro.

Noi e le altre forze di opposizione ci abbiamo provato a migliorare il testo. Il Pd ha presentato e illustrato emendamenti che secondo noi avrebbero dato tutta un’altra dignità a questo decreto.

Emendamenti per favorire il lavoro stabile, riducendo il cuneo contributivo a carico dei lavoratori a tempo indeterminato, con un taglio di quattro punti (dal 33 al 29 percento) su tutti e per sempre.

Emendamenti per disincentivare l’uso ripetuto di contratti temporanei, con una buonuscita compensatoria per i lavoratori temporanei che non vengono stabilizzati: due giorni di stipendio per ogni mese di utilizzo, che vanno in tasca ai lavoratori assunti con qualsiasi sequenza di contratti non a tempo indeterminato e che poi non vengono stabilizzati, alzando i costi per le aziende.

Emendamenti per aiutare chi ha retribuzioni troppo basse con l’introduzione di un salario minimo.

Emendamenti per estendere la disciplina del lavoro subordinato ai finti lavoratori autonomi organizzati dalle piattaforme digitali (come i riders), per renderli più forti al tavolo delle trattative.

Emendamenti per rafforzare il contrasto alle false cooperative.

Emendamenti, infine, per creare un sistema di certificazione e di valorizzazione delle competenze acquisite lungo tutta la propria traiettoria formativa e lavorativa, dalla culla alla tomba.

Non ci è stato permesso di parlare sul serio di queste proposte qui al Senato, discutendone nel merito, interloquendo con la maggioranza e ottenendo delle risposte. Ma continueremo a portarle avanti, nel Paese e per il Paese.